Paolo Galasso mi ha mandato le sue “testimonianze” sull’Europeo di joelette. Lo scritto mi ha emozionato e gli ho chiesto il permesso di pubblicarlo. Ha accettato.
C’ero anche io a Saint Etienne
Caro Luciano, ti volevo testimoniare da osservatore esterno, ma non troppo, cosa ha significato per me questa stupenda avventura dei campionati Europei di joelette a Saint Etienne, perché credo che a tutti faccia bene un attimo di riflessione rispetto alla velocità a cui ci sottopone la vita.
Non ero tra gli alfieri di Andrea Moccia, ma ero lì a partecipare, direttamente con Carol, ma indirettamente con tutti coloro che sono a vario titolo giornalmente “costretti” a vivere un’esperienza di vita in cui anche la cosa più semplice può diventare complicata. E’ stato importante capire che la complicazione spesso è la nostra , è il nostro pregiudizio, la nostra disattenzione, il nostro “egoismo” che rendono le cose difficili.
Ho incontrato persone straordinarie che non hanno queste barriere, ho visto sorrisi che sprizzavano felicità pura solo per avere avuto la possibilità di essere parte attiva di un tutto normale, ho scoperto che la sofferenza è una misura soggettiva che spesso non riusciamo a prioritizzare.
Da tanti anni faccio parte della famiglia del GSBRun ma mai come in questo caso mi sono sentito orgoglioso dell’appartenenza, la disponibilità che avete mostrato sin da subito tu e Laura, il contributo che avete fornito, il coinvolgimento emotivo e non solo hanno dato a questo evento un significato diverso. Andrea Moccia è stato unico da corridore e lo è ancora oggi, difficilmente l’ho visto sorridere o mostrarsi imbattibile quando vinceva a mani basse decine di gare così come, al contrario, l’ho visto coinvolto in questa occasione. Il suo aplomb English è sparito a fronte del desiderio di contribuire al successo della squadra dei magnifici quattro: Andrea, Ignazio, Manuel e Marco, tutti e cinque sono stati artefici di una grande impresa, non arrivare terzi ad una gara ma arrivare primi nel coinvolgimento. Ma non c’era solo Andrea Moccia in quel bellissimo parco Francese, c’erano altri Italiani : la principessa Carol, lo scatenato Carletto , il dolcissimo Maurizietto e tanti altri “capitani” provenienti da paesi più o meno vicini. Ognuno di loro ha portato il proprio contributo, il proprio modo di vivere il quotidiano e ci hanno insegnato cosa vuol dire amare la vita, qualunque essa sia. Hai detto alziamo l’asticella, io ti dico che possiamo fare di più, possiamo fare in modo che tutto ciò diventi la normalità, che chi ha voglia di dimostrarlo si faccia avanti e anche chi oggi vive una situazione di non inclusione ( a volte per “vergogna” o paura) abbia la forza di “uscire allo scoperto” di capire che c’è tanta gente che ha voglia di esserle vicino e di trasformare lo sport in un potente mezzo di inclusione. Siete (anzi siamo) un gruppo fortissimo che ha la forza di trasferire questi messaggi ad una platea molto vasta di praticanti o meno, di famiglie fortunate o meno, dobbiamo credere che il nostro piccolo contributo possa essere un grande passo verso il cambiamento.
Sono stato molto fortunato ad iniziare questo percorso ed avere aperto la strada ma guai a credere che abbiamo raggiunto l’obiettivo, facciamo in modo che altri possano vivere questa esperienza e siano in grado di trasferire questi valori. Insieme ce la possiamo fare.
Paolo