Una domenica particolare

Articolo di Manuel Arrigoni e Laura Duchi

Come diceva qualcuno, alla fine “la vita è soltanto una lunga serie di prime volte”

scarno, forse anche un pochino banale, di sicuro non esaustivo della varietà di esperienze, emozioni e situazioni nelle quali veniamo coinvolti ma di certo oggettivamente riscontrabile.

Abbiamo partecipato a centinaia di gare, alcuni di noi decine di Maratone (Caponeri di recente ha festeggiato la sue 100esima gara da pacer acquisendo di diritto il ruolo di “primus inter pacers” o anche “pacer di pacers”) ma quando ci troviamo al gazebo questa domenica mattina sappiamo di essere di fronte ad un nuovo ed importante esordio.

La corsa si sa è uno sport individuale, la dimensione di squadra rappresenta un contorno, in ogni caso rilevante e gratificante, di una serie di momenti trascorsi in compagnia di noi stessi. In questo caso la faccenda è differente perché la prestazione dei singoli diventa secondaria e funzionale alla riuscita del gruppo.

Andrea e Francesca puntualissimi ci attendono nel parcheggio dello stadio delle Terme; Laura gli consegna la maglia del GSBRun, bianca, come le canotte del suo equipaggio. Francesca più sul serio che sul faceto ci mostra le nuove scarpe di Andrea, “abbiamo scelto quelle più leggere”; vuol dire che il Campione non si accontenta di competere….nella cura del dettaglio vuole trasmetterci la voglia di agonismo.

Posizioniamo la joelette, Andrea stringe le cinture ed indossa il caschetto di protezione; Ignazio ed Andrea, che si alterneranno nel difficile ruolo di conduttore, assicurando l’equilibrio e controllando da dietro l’assetto del mezzo, indossano i guanti per assicurarsi una presa più sicura.

Mancano circa 25 minuti alla partenza e scortati dalla President lasciamo lo stadio per dirigerci verso via di San Gregorio, suggestiva location di partenza del Corriroma. Ci attende lo speaker in testa allo schieramento per dare risalto alla nostra prova ma soprattutto per celebrare il rientro del Campione alle competizioni. Il vice President Farina sintetizza magistralmente le nostre emozioni e le nostre motivazioni. Francesca ci osserva raggiante dalle transenne che delimitano il percorso. Applausi, foto di rito, mancano pochi secondi, il tempo di un ultimo breve ripasso, tutti alle proprie postazioni, brevi cenni di intesa, poi countdown e VIA!

Preceduti da un altro atleta disabile che corre assieme alla sua guida, ci avviamo cercando di tenere la destra in modo da far sfilare correttamente i top runners e gli atleti più veloci. Farina alla guida, io e Caponeri a trainare e Cacciani affiancato pronto a dare il cambio. Insieme a noi la President Laura e Marco Ienni, prezioso come al solito, a riprendere la nostra gara (attendiamo con ansia la clip).

A seguito della prova effettuata abbiamo deciso di far alternare con i cambi soltanto i “conduttori” dietro, gravati anche come detto dall’onere di garantire la stabilità mentre io e Marco davanti cambieremo soltanto lato per dar riposare il braccio e la spalla. Per il resto l’idea è quella di procedere sui 4:50 al km, in considerazione della scarsa esperienza ed anche per lasciarci del margine in vista della trasferta transalpina.

Nonostante il fondo sconnesso del sampietrino romano il ritmo dei primi km è leggermente più allegro del previsto, anche in ragione del percorso più favorevole rispetto alla seconda parte; viaggiamo in ogni caso regolari, supportati dai tantissimi atleti in gara che ci hanno incitato regalandoci una battuta ed agevolando anche le nostre traiettorie (sempre bello riscontrare cultura sportiva).

Caponeri è spavaldo, io chiuso nel mio silenzio di concentrazione, il nocchiero Farina pennella le traiettorie sbraitando quando tendiamo a strafare, Cacciani stringe i denti pronto a prendere il timone. Passaggio di metà gara in circa 23:40 e cominciamo a fare i conti con i tanti cambi di pendenza. La salita si conferma pesante ma le discese sono estremamente più insidiose perché occorre controllare il naturale abbrivio del mezzo. I conduttori vengono messi a dura prova e cominciano ad avvicendarsi con maggiore frequenza per poter recuperare. Davanti la situazione è meno estrema ma occorre contenere l’entusiasmo perché la sostenibilità dello sforzo va verificata a livello di squadra. Raggiungiamo piazza del popolo ed il lungo rettilineo di via del Corso ci permette di regolarizzare l’andatura ed agevolare i cambi. Piazza Venezia, nuovo saliscendi e poi nei pressi della Bocca della verità la prima e fortunatamente unica grave sbavatura, con una curva in discesa che, complice la stanchezza, facciamo vivere ad Andrea con il brivido della “piega” stile moto GP. La joelette si inclina pericolosamente e per ritirarla su occorre uno sforzo muscolare notevole accompagnato dagli improperi in sardo di Farina. Lo scampato pericolo ci induce a più miti andatura, anche perché siamo ormai in vista del catino del Circo Massimo, già da giorni nei nostri pensieri come banco di prova importante. Il ciottolato ci fa sembrare di spingere il mezzo nel fango ed il caldo e la polvere fanno il resto. Ormai ci siamo, ultima rampa per imboccare via dei Cerchi ed a questo punto inizia lo sfilamento in parata con tanto di sorriso per i fotografi (tipo Yuri Chechi che sorride “impiccato” agli anelli….).

Traguardo raggiunto, Il resto è soltanto emozione, che celebriamo con un abbraccio corale e che leggiamo negli occhi lucidi di Francesca che ci attende in zona arrivo.

Andrea Moccia is back e la sua ciurma è pronta per il prossimo arrembaggio!

 

ANDREA MOCCIA un ricordo di Laura Duchi

Quando ho iniziato a correre c’era un atleta che era un esempio per tutti.

Sai quando vai a scuola e c’è quel compagno che è bravissimo? Che va sempre bene alle interrogazioni? No non quello antipatico che non passa il compito: quello che é pure simpatico, è modesto, è buono, disponibile sempre con tutti.

Per il prof. (alias il coach Luciano Duchi) è quello perfetto: non fa troppe domande (ma il mille di recupero a quanto lo devo fare?), non chiede sconti (posso saltare i 500 finali?), non salta mai un allenamento (ogni mattina, dico ogni mattina alle 5 è in strada a consumare quel rettilineo sulla ciclabile di San Paolo), non buca una gara (e gareggia ogni domenica), non si autoesalta (e ne avrebbe donde) e non pinocchia mai (ieri sera ho fatto tardi, stamattina avevo mal di testa ed altre amenità che noi ben conosciamo).

Lo ricordo alla Maratona di Berlino di Settembre 2009: una riuscitissima trasferta organizzata dal gruppo, io correvo la maratona per la seconda volta, lui era così magro che vedendolo camminare i giorni prima della gara mi pareva che facesse fatica.La stessa cosa mi è capitato di notarla anche vedendo gli atleti elite quando vengono a correre la RomaOstia. Come se fossero tarati per correre ma non per caminare. Andrea ricordo che era stato l’unico a mancare la cena del pregara. La moglie Francesca, dolcissima e premurosa, sempre al suo fianco. Era stata lei a dire a mio padre, al coach, che lui preferiva mangiare leggero, andare a letto presto e concentrarsi per la performance del giorno dopo. Così mentre noi eravamo a strafogarci al ristorante italiano, lui cenava con sua moglie e alle 22 era già a letto. Con il pettorale appuntato alla canotta, le scarpe messe a terra con già il chip allacciato. I consigli del coach ben presenti e la determinazione di sempre. Quel giorno mio padre ci salutò una prima volta ai primi km per poi attenderci al trentasettesimo.

Quando vedeva arrivare il suo pupillo, in una fase in cui i passaggi sono ancora molto diradati, si commuoveva. Avevano un feeling davvero particolare: il coach così caciarone e lui così silenzioso, ma si volevano, e si vogliono, un gran bene. Quel giorno Andrea chiuse in 2.35.52, novantanovesimo assoluto in una maratona con trentamila partecipanti. Mica male! Qualcuno avrebbe gridato la notizia ai quattro venti, a lui invece non interessava mettersi in mostra. A lui piaceva correre, gli piaceva sfidare se stesso, gli piaceva “alzare l’asticella” come gli diceva il coach. Ed infatti in quello stesso anno, 2009, corse ancora una volta la maratona, a Piacenza, abbassando il personale a 2.33.06 a cinquanta anni!

Andrea la mattina dopo la Maratona di Berlino si era alzato per andare a correre, mentre noi tutti ce ne stavamo a dormire beandoci dei nostri risultati. Per lui non era un sacrificio farlo, anzi forse sarebbe stato un sacrificio saltare l’allenamento.

Quello che volevo testimoniare è quanto fosse grande il suo amore per la corsa. Un amore senza se e senza ma. Un amore incondizionato e poco pubblicizzato. Ecco perché per il GSBRun è oggi così importante restituirgli un po’ di quella passione, che si scorgeva ieri nei suoi occhi durante la gara. Speriamo di regalargli ancora delle emozioni. Appuntamento ai Campionati Europei di Joelette il 28 settembre

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